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IAS 37
ATTIVITÁ E PASSIVITÁ POTENZIALI
La valutazione del Fondo d’indennità suppletiva di clientela (FISC)
Lo IAS 37 si applica a numerose passività tra cui quelle relative alle garanzie su prodotti, alle azioni legali contro l’azienda e al Fondo Indennità Suppletiva di Clientela per gli Agenti (FISC) di cui si darà un approfondimento.


Il Principio IAS 37 si applica agli accantonamenti, attività e passività potenziali ad esclusione di:
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quelli risultanti dall’iscrizione in bilancio al fair value (valore equo) degli strumenti finanziari;
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quelli risultanti da contratti esecutivi, a eccezione del caso in cui il contratto sia oneroso. I contratti esecutivi sono contratti in cui entrambe le parti contraenti non hanno adempiuto a nessuno degli impegni previsti oppure hanno adempiuto ai propri impegni parzialmente e nella stessa misura;
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quelli derivanti nelle imprese assicurative dai contratti stipulati con i propri titolari di polizza;
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quelli già coperti da un altro Principio contabile internazionale.
Il Principio definisce gli accantonamenti come passività con scadenza o ammontare incerti. Un accantonamento deve essere contabilmente rilevato se, e solo se:
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un’impresa ha un’obbligazione in corso (legale o implicita) quale risultato di un evento passato;
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è probabile (cioè è più verosimile piuttosto che il contrario) che per adempiere all’obbligazione si renderà necessario l’impiego di risorse atte a produrre benefici economici; e
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può essere effettuata una stima attendibile dell’importo derivante dall’adempimento dell’obbligazione. Il Principio fa notare che solo in casi estremamente rari non sarà possibile effettuare una stima attendibile.
L’importo accantonato in bilancio deve rappresentare la migliore stima dell’onere necessario per estinguere l’obbligazione attuale alla data di riferimento del bilancio,
Il Principio richiede che, nella stima dell’ammontare di un accantonamento, l’impresa debba:
(a) tenere in considerazione rischi e incertezze. Tuttavia l’indeterminabilità non giustifica la creazione di accantonamenti eccessivi o di una intenzionale sovrastima di passività;
(b) attualizzare gli accantonamenti, facendo uso, laddove l’effetto dell’attualizzazione del valore del denaro sia rilevante, di un tasso (o tassi) di attualizzazione ante imposte che rifletta (riflettano) le valutazioni attualmente presenti sul mercato riguardanti il valore attuale del denaro e quei rischi specifici connessi alla passività che non sono stati riflessi nell’effettuazione della migliore stima della spesa. Se l’accantonamento viene attualizzato, il suo incremento dovuto al passare del tempo si rileva come un interesse passivo;
(c) considerare situazioni future, quali modifiche normative e tecnologiche, nel caso in cui vi sia una indicazione sufficientemente obiettiva che queste si verificheranno; e
(d) non tenere in considerazione i proventi derivanti da una prevista dismissione di attività, anche se questa è strettamente collegata al fatto che dà luogo all’accantonamento.
La metodologia di misurazione di un accantonamento non presenta sostanziali differenze fra il nostro ordinamento e i nostri principi contabili e gli IAS. Per entrambi ci si affida alla migliore stima dell’uscita economica necessaria per adempiere all’obbligazione, effettuata dalla direzione aziendale anche sulla scorta delle esperienze passate e, se del caso, di giudizi di esperti esterni all’impresa. Nel processo di stima occorrerà tenere conto anche dei fatti intervenuti successivamente alla data di riferimento del bilancio e, qualora la stima dell’obbligazione sia legata a diversi fattori, l’accantonamento è stimato attraverso la ponderazione delle probabilità dell’accadimento dei diversi fattori (metodo del valore atteso).
Elemento di rilevante differenza introdotto dallo IAS 37 è rappresentato dalla necessità di procedere all’attualizzazione dell’accantonamento nel caso in cui sia previsto il differimento della passività e l’eventuale effetto di attualizzazione sia significativo; in tal caso, l’importo deve essere attualizzato ad un tasso, al lordo di imposte, tale da riflettere le valutazioni correnti di mercato del valore attuale del denaro ed i rischi specifici connessi alla passività e l’ammontare dell’accantonamento aumenta in ciascun esercizio per riflettere il passare del tempo. Tale incremento è rilevato come interesse passivo.
L’indennità di risoluzione del rapporto (FIRR)
All’atto della cessazione del rapporto, spetta all’agente una indennità, calcolata sulla base delle provvigioni maturate e liquidate fino al momento della cessazione stessa.
L’indennità di risoluzione del contratto a tempo indeterminato è stabilita nella misura del 3% dell’ammontare delle provvigioni liquidate all’agente nel corso del contratto.
In particolare, per il periodo dal 01/01/1989 in poi, l’indennità è del 3% fino al limite di € 6.197,48 di provvigioni liquidate per ciascun anno e dell’1 % per la parte di provvigioni liquidate per ciascun anno tra € 6.197,48 e € 9.296,22.
Per gli agenti impegnati ad esercitare in esclusiva, i limiti di € 6.197,48 e € 9.296,22 sono elevati, rispettivamente a € 12.394,96 e ad € 18.592,44.
A norma dell’art. 12 del l’Accordo Economico Collettivo (AEC), l’indennità in esame non deve essere riconosciuta nelle ipotesi di scioglimento del rapporto ad iniziativa della casa mandante motivata da una
delle seguenti fattispecie:
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ritenzione indebita di somme di spettanza della preponente;
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concorrenza sleale ovvero, per i monomandatari, violazione del vincolo di esclusiva per una sola ditta.
Le somme di cui sopra devono essere obbligatoriamente accantonate anno per anno nel fondo costituito presso la Fondazione Enasarco.
Infine, l’Accordo Economico Collettivo (AEC) stabilisce che nell’ipotesi di cessione a terzi del contratto di agenzia e dei diritti ed obblighi dallo stesso derivanti, operata dall’agente ai sensi di un accordo con il preponente, l’indennità di risoluzione non sarà dovuta all’agente cedente.
Ne consegue che detti importi per il periodo pregresso saranno accreditati sul conto individuale dell’agente subentrante ed a questi riconosciuti, se del caso, all’atto della cessazione definitiva del rapporto.
Dal momento che gli importi maturati vengono trasferiti di volta in volta al Fondo gestito da Enasarco il FIRR non richiede l’attualizzazione.
L’indennità suppletiva di clientela
Se il contratto a tempo indeterminato si scioglie ad iniziativa della casa mandante per fatto non imputabile all’agente, sarà corrisposta direttamente dalla ditta preponente, in aggiunta all’indennità di risoluzione del rapporto, una indennità suppletiva di clientela, da calcolarsi sull’ammontare globale delle provvigioni per le quali è sorto il diritto al pagamento per tutta la durata del rapporto in favore dell’agente, anche se le stesse somme non sono state interamente corrisposte al momento della cessazione del rapporto.
Per gli affari conclusi successivamente al 01/01/1989 l’indennità suppletiva di clientela verrà calcolata nel modo seguente:
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3% sulle provvigioni maturate nei primi tre anni di durata del rapporto di agenzia;
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3,50% sulle provvigioni maturate dal quarto al sesto anno compiuto;
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4% sulle provvigioni maturate negli anni successivi.
L’indennità suppletiva di clientela dovrà altresì essere corrisposta, a condizione che il rapporto sia in atto da almeno un anno, in caso di dimissioni dell’agente dovute a sua invalidità permanente e totale o per conseguimento della pensione di vecchiaia Enasarco, nonché in caso di decesso. In quest’ultimo caso, l’indennità predetta verrà corrisposta agli eredi legittimi o testamentari.
L’indennità “meritocratica”
In aggiunta a quanto disposto per indennità di risoluzione del rapporto e l’indennità suppletiva di clientela è prevista la corresponsione di un’ulteriore indennità definita “meritocratica” in quanto riconosciuta:
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nel solo caso in cui l’importo complessivo di indennità di risoluzione del rapporto ed indennità suppletiva di clientela sia inferiore al valore massimo previsto dal comma 3 dell’art. 1751, c.c.;
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ricorrano le condizioni per cui l’agente al momento della cessazione del rapporto abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti.
L’indennità “meritocratica” aggiuntiva spetta, in tal caso, in misura non superiore alla differenza tra la somma di indennità di risoluzione del rapporto ed indennità suppletiva di clientela ed il valore massimo previsto dal comma 3 dell’art. 1751, c.c.
In altri termini, posto il limite massimo disposto dall’art. 1751, c.c., (analizzato al paragrafo 2.1) pari a € 35.000, avremo che:
a) se la sommatoria dell’indennità di risoluzione e quella suppletiva corrisponde a € 30.000, l’indennità “meritocratica” potrà al massimo raggiungere il
valore di € 5.000;
b) se la sommatoria dell’indennità di risoluzione e quella suppletiva corrisponde a € 35.000, nulla dovrà essere riconosciuto all’agente a titolo di indennità “meritocratica” anche se sussistono i presupposti per il suo riconoscimento in capo all’agente.